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Ozio vs Responsabilizzazione

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on April 1, 2017 at 9:06:39 am
 

 

 

 

 

Istruzioni

CASI   Non me la racconti giusta  Anche se non sono gigli           InGalera           L'isola di Gorgona  Avrei qualcosa da dirti 

TEMATICHE

                         

RIEDUCARE NEI LUOGHI DI CONFINE

                          

 

 

Il mondo della marginalità ospita un’ampia gamma di avventure umane, di biografie, di storie di vita, ognuna capace di dar conto della società in cui viviamo e delle trasformazioni che la rendono così fragile e precaria. La marginalità è molteplice e così anche le forme del disagio, della devianza, dello svantaggio, della povertà, ognuna riconducibile a contesti e luoghi specifici. In alcuni di questi luoghi, più di altri, è presente una maggior concentrazione di fenomeni marginali. E’ questo è proprio il carcere, luogo indiscutibile di marginalità, fortemente condizionato dalle trasformazioni sociali, ma anche dalle caratteristiche personali di coloro che ne fanno parte.

 

Il carcere, nato come un luogo di degradazione fisica e morale della persona che vi viene costretta, si è proposto come luogo principe della pena tipica della modernità: una pena asettica, priva di inflizioni corporali, e dunque – apparentemente – rispettosa dell’umanità degli individui che vi sono reclusi, perfettamente misurabile nel tempo della sua esecuzione e commensurabile alla gravità del fatto commesso.  L’idea utilitaristica della pena, nel senso di essere utile anche per il condannato, raggiunse il suo culmine nell’epoca del Welfare State, dove il carcere diventa un luogo dello Stato del benessere, deputato al recupero delle persone svantaggiate e devianti. A metà tra la teoria dell’emenda e quella dell’integrazione sociale, si colloca la finalità rieducativa della pena voluta dalla art.27, comma 3 della Costituzione Italiana.

 

 

La pena deve puntare al recupero umano e sociale del reo, contrastare fenomeni di discriminazione lavorativa e favorire l’inserimento sociale, formativo e professionale delle persone soggette a restrizione della libertà, volte a ridurre la recidiva e l’illegalità nel territorio. Il paradigma diventa allora centralità della persona, la partecipazione al lavoro e l’attivazione di risorse economiche. Fondamentali sono la creazione di intese tra gli enti istituzionali e le cooperative, le associazioni di volontariato presenti sul territorio, che operano a stretto contatto con l’Istituto. Ed è in questo scenario che si progettano e attuano interventi trattamentali tesi a migliorare i percorsi di rieducazione, avviati per formare i detenuti e favorire il loro reinserimento nella società dopo aver scontato la pena; percorsi sempre più costruiti sulla base delle esigenze e delle caratteristiche del singolo individuo.

 

Partendo da queste premesse, la questione pedagogica e pertanto il trattamento rieducativo dei detenuti, deve partire da una attenta analisi delle caratteristiche che la compongono al fine di realizzare interventi educativi di qualità, dotati di senso, intesi a trasformare l’esistente e in tal senso a permettere alla persona il superamento di condizioni di soggezione alienazione, illibertà. Ciascun progetto e percorso pedagogico dovrebbe configurarsi fortemente aderente alla realtà, non necessariamente basato su curricoli formali o standardizzati: sono soprattutto le occasioni di educazione non formale che consentono al soggetto di far emergere tutta la ricchezza personale e di sviluppare potenzialità e capacità che diversamente rimarrebbero inespresse.

 

L’intento di questo ambiente di apprendimento è di offrire spunti di riflessione sul tema della marginalità, l’esclusione sociale a partire dal ruolo della pedagogia in carcere e dei processi formativi rivolti a questi soggetti che vivono la condizione di reclusione, attraverso la presentazione di casi reali e i punti di vista, che testimoniano l’adozione di interventi formativi “non convenzionali” capaci di innescare reali cambiamenti di prospettiva e sostenere lo sviluppo di competenze e peculiarità proprie del detenuto.

 

 

 


 

Educazione formale

vs

Educazione informale 

 
 
 

Esclusione

vs

inclusione 

 
 
 

Ozio

vs

Responsabilizzazione

 
 
 

Rieducare

o

Punire? 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Transfer Cases Glossario Credits

 

 

 

      RIEDUCARE NEI LUOGHI DI CONFINE
  

CASI

Non me la racconti giusta  Anche se non sono gigli  InGalera  L'isola di Gorgona  Avrei qualcosa da dirti 
TEMATICHE                          

OZIO VS RESPONSABILIZZAZIONE

 

Il carcere è il luogo dove il tempo, che non scorre, è contrassegnato dall’attesa del fine pena; un luogo in cui la persona che delinque viene espropriata del tempo e dello spazio ma è anche un luogo in cui si pongono le premesse affinché il soggetto possa riacquistare il suo tempo e spazio nel rispetto dei diritti altrui. Nei contesti di segregazione come le istituzioni totali, la fissità spaziale si accompagna al vuoto dei ritmi temporali, tanto da diventare insostenibile. Ogni istituzione si appropria del tempo e degli interessi delle persone inserite, tendendo a così a circuire i suoi componenti in una azione inglobante che impedisce lo scambio sociale e l’uscita verso il mondo esterno.

 

Il carcere è un luogo in cui tutto è scandito da tempi ben definiti e regole precise. Il detenuto è trasportato, orientato, sollecitato, comandato. L’individuo non è più responsabile per le sue scelte, non ha motivo di cercare la soggettività perduta perché deve solo sostare nella propria stanza e scontare la pena peggiore che gli si potesse infliggere: l’ozio e la cattiva compagnia obbligandolo a permanere in una situazione estrema che lo conduce inesorabilmente all’isolamento morale.

 

Si rende necessario sostituire al carcere altre alternative serie che mirino alla responsabilizzazione graduale del soggetto e alla riacquisizione della sua dignità attraverso attività trattamentali come l’istruzione, il lavoro, le iniziative culturali che diano l’opportunità di lasciare la cella, passando dalla coazione all’inerzia e trasformando il tempo vuoto in un tempo proficuo ma anche di permettere al detenuto di misurarsi, migliorare le sue capacità, acquisire nuove competenze che possano agevolarlo nel reinserimento sociale. Le iniziative educative presentate nei cinque casi sono tutte occasioni atte a contrastare l’ozio e l’apatia che offrono al detenuto la possibilità di coltivare relazioni e recuperare quella soggettività mortificata e oggettivata dall’azione contenitiva.  

 

"Anche se non sono gigli" oltre ad essere un progetto formativo di forte valenza sociale ha consentito ai detenuti di avvicinarsi ad un mondo affascinante, come quello della cinematografia e prendere dimistichezza con attività specifiche e complesse come le tecniche di montaggio, di regia, acquisire competenze di recitazione e di lavoro in gruppo.

 

Così come i detenuti coinvolti nel progetto "non me la racconti giusta" si sono potuti sperimentare in una attività artistica orientata alla “liberazione” intendendo con ciò la riappropriazione del sé, dove attraverso la realizzazione del murales hanno potuto allentare la tensione interna, scaricare le ansie con un’occupazione estetica ridisegnando il proprio profilo e identità personale.

 

Attraverso l’azione espressiva della scrittura il detenuto ha potuto acquisire conoscenza e consapevolezza di sé, ha attivato le potenziali risorse interne facilitando anche la comunicazione tra i detenuti provenienti da altre culture. Tutto questo nell’ottica di un superamento delle barriere non solo fisiche ma anche culturali, agevolando l’empatia all’interno della struttura difficilmente raggiungibile con la sola mediazione della parola.

 

La responsabilizzazione è uno dei punti di forza del progetto “InGalera”, in quanto i detenuti non sono soggetti al mero controllo fisico ma possono liberamente spostarsi nei luoghi in cui si svolgono attività in comune e a quelle legate al servizio ristorante apprendendo al contempo una professione manuale capace di aprire reali prospettive per un futuro migliore.

 

L’esperienza di Gorgona, ultima isola-penitenziaria italiana dimostra come sia possibile raggiungere l’obiettivo di rieducazione, reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti coltivando la terra e svolgendo attività con gli animali.

 

 

 


 

 

 

 

 

Educazione formale

vs

Educazione informale 

 

 

 

 

 

Esclusione

vs

inclusione 

 

 

 

 

Ozio

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Responsabilizzazione

 

 

 

 

 

Rieducare

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Punire? 

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