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Esclusione vs Inclusione

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on April 1, 2017 at 9:06:26 am
 

 

 

 

 

Istruzioni

CASI   Non me la racconti giusta  Anche se non sono gigli           InGalera           L'isola di Gorgona  Avrei qualcosa da dirti 

TEMATICHE

                         

RIEDUCARE NEI LUOGHI DI CONFINE

                          

 

 

Il mondo della marginalità ospita un’ampia gamma di avventure umane, di biografie, di storie di vita, ognuna capace di dar conto della società in cui viviamo e delle trasformazioni che la rendono così fragile e precaria. La marginalità è molteplice e così anche le forme del disagio, della devianza, dello svantaggio, della povertà, ognuna riconducibile a contesti e luoghi specifici. In alcuni di questi luoghi, più di altri, è presente una maggior concentrazione di fenomeni marginali. E’ questo è proprio il carcere, luogo indiscutibile di marginalità, fortemente condizionato dalle trasformazioni sociali, ma anche dalle caratteristiche personali di coloro che ne fanno parte.

 

Il carcere, nato come un luogo di degradazione fisica e morale della persona che vi viene costretta, si è proposto come luogo principe della pena tipica della modernità: una pena asettica, priva di inflizioni corporali, e dunque – apparentemente – rispettosa dell’umanità degli individui che vi sono reclusi, perfettamente misurabile nel tempo della sua esecuzione e commensurabile alla gravità del fatto commesso.  L’idea utilitaristica della pena, nel senso di essere utile anche per il condannato, raggiunse il suo culmine nell’epoca del Welfare State, dove il carcere diventa un luogo dello Stato del benessere, deputato al recupero delle persone svantaggiate e devianti. A metà tra la teoria dell’emenda e quella dell’integrazione sociale, si colloca la finalità rieducativa della pena voluta dalla art.27, comma 3 della Costituzione Italiana.

 

 

La pena deve puntare al recupero umano e sociale del reo, contrastare fenomeni di discriminazione lavorativa e favorire l’inserimento sociale, formativo e professionale delle persone soggette a restrizione della libertà, volte a ridurre la recidiva e l’illegalità nel territorio. Il paradigma diventa allora centralità della persona, la partecipazione al lavoro e l’attivazione di risorse economiche. Fondamentali sono la creazione di intese tra gli enti istituzionali e le cooperative, le associazioni di volontariato presenti sul territorio, che operano a stretto contatto con l’Istituto. Ed è in questo scenario che si progettano e attuano interventi trattamentali tesi a migliorare i percorsi di rieducazione, avviati per formare i detenuti e favorire il loro reinserimento nella società dopo aver scontato la pena; percorsi sempre più costruiti sulla base delle esigenze e delle caratteristiche del singolo individuo.

 

Partendo da queste premesse, la questione pedagogica e pertanto il trattamento rieducativo dei detenuti, deve partire da una attenta analisi delle caratteristiche che la compongono al fine di realizzare interventi educativi di qualità, dotati di senso, intesi a trasformare l’esistente e in tal senso a permettere alla persona il superamento di condizioni di soggezione alienazione, illibertà. Ciascun progetto e percorso pedagogico dovrebbe configurarsi fortemente aderente alla realtà, non necessariamente basato su curricoli formali o standardizzati: sono soprattutto le occasioni di educazione non formale che consentono al soggetto di far emergere tutta la ricchezza personale e di sviluppare potenzialità e capacità che diversamente rimarrebbero inespresse.

 

L’intento di questo ambiente di apprendimento è di offrire spunti di riflessione sul tema della marginalità, l’esclusione sociale a partire dal ruolo della pedagogia in carcere e dei processi formativi rivolti a questi soggetti che vivono la condizione di reclusione, attraverso la presentazione di casi reali e i punti di vista, che testimoniano l’adozione di interventi formativi “non convenzionali” capaci di innescare reali cambiamenti di prospettiva e sostenere lo sviluppo di competenze e peculiarità proprie del detenuto.

 

 

 


 

Educazione formale

vs

Educazione informale 

 
 
 

Esclusione

vs

inclusione 

 
 
 

Ozio

vs

Responsabilizzazione

 
 
 

Rieducare

o

Punire? 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Transfer Cases Glossario Credits

 

 

 

      RIEDUCARE NEI LUOGHI DI CONFINE
  

CASI

Non me la racconti giusta  Anche se non sono gigli  InGalera  L'isola di Gorgona  Avrei qualcosa da dirti 
TEMATICHE                          

ESCLUSIONE VS INCLUSIONE

 

Il termine carcere deriva dal latino coercere, segregare; nasce infatti come istituzione totale che ha come caratteristica la perdita delle persone e, allo stesso tempo, l’eliminazione dell’individuo da ogni aspetto della vita sociale, anche per quanto riguarda la sfera umana e affettiva. L’educazione in carcere si confronta con queste condizioni estreme: la privatizzazione di libertà, i meccanismi rigidamente strutturati delle istituzioni penitenziarie, i ritmi delle giornate forzatamente orientate da una pianificazione spazio-temporale non in linea con la consuetudine della vita sociale.

 

Si tratta di una situazione di identità negata e come direbbe Goffman “di sé violati”, dove il soggetto detenuto diventa una persona schiacciata dalle procedure burocratiche e il mondo privato interno viene profanato per un miglior controllo, osservazione sorveglianza. Il trattamento rieducativo deve mirare ad attivare processi in grado di modificare gli atteggiamenti, le condizioni, le relazioni sociali e familiari che ostacolano non solo il saper “stare” in società ma anche partecipare alla vita sociale in maniera costruttiva. Il fine non è solo prevenire la recidiva di comportamenti antisociali, ma modificare quegli elementi che impediscono di rendere il detenuto pro-attivo nella costruzione sociale.

 

Tuttavia l’ambizione della pena costituzionale stride con la realtà della forma nella quale essa viene ancora diffusamente esercitata: il carcere, la privazione della libertà per un periodo di tempo determinato in appositi istituti. È possibile il recupero sociale attraverso l’esclusione sociale? È possibile includere attraverso l’esclusione? Ci si scontra inevitabilmente con il paradosso di voler educare alla libertà stando in una realtà in cui la stessa libertà è negata. Il carcere è un’istituzione totale e si educa in un contesto che non è quello della vita reale. 

 

La conseguente separazione tra la realtà carceraria e la società civile è fonte di disagio. E’ una distanza soggettiva che diventa oggettivante e quindi una forma concreta di esclusione dal confronto umano e sociale, una distanza che impedisce il cambiamento e la crescita. Di fronte a questa condizione è necessario orientarsi verso l’attuazione di percorsi formativi che favoriscano lo sviluppo di modelli di comportamento capaci di accogliere e comprendere l’eterogeneità dell’esistenza e favorire una reale avvicinamento del soggetto recluso alla tessuto sociale.

 

Il laboratorio cinematografico rientra in quelle sperimentazioni di educazioni non convenzionale che rappresentano una nuova frontiera artistica finalizzata al recupero di pratiche per l’emancipazione della persona e della comunità. Mira ad una politica di partecipazione e alla promozione delle persone che vivono situazioni di marginalità.

 

L’obiettivo del progetto “non me la racconti giusta” è stato quello di riportare l’attenzione della collettività sul mondo carcerario, una dimensione scomoda per la nostra società e spesso trascurata dalle istituzioni. I detenuti vivono una realtà che non li rispecchia e non gli appartiene, pertanto la realizzazione dell’opera d’arte rappresenta per loro qualcosa che possono sentire proprio.

 

A volte è la comunità che sceglie di avvicinarsi alla realtà carceraria semplicemente prenotando un tavolo, recandosi “InGalera”, oltrepassando la guardiola ed infine accomodandosi al tavolo accompagnati dai ragazzi-detenuti. 

 

L’adozione di percorsi formativi di narrazione e scrittura possono rompere l’isolamento tra “interno” ed “esterno” e favorire il dialogo tra i detenuti e la società libera. Nel progetto "avrei qualcosa da dirti" gli scritti dei detenuti, attraverso la mediazione dell’insegnante, sono stati pubblicati online e attraverso l’abilitazione dei commenti si è consentito al mondo esterno alle mura di interagire con il mondo interno.

 

A volte è l’animale ad entrare in carcere favorendo il reinserimento sociale dei detenuti attraverso percorsi riabilitativi fondati sulla interazione e comunicazione uomo-animale. Il progetto dell'Isola di Gorgona ha potuto aiutare significativamente e in maniera positiva il detenuto nello sviluppo di relazioni interspecifiche dando vita a nuove forme di alleanze e amicizie poste in una prospettiva di comprensione reciproca.

 

 

 


 

 

 

 

 

Educazione formale

vs

Educazione informale 

 

 

 

 

 

Esclusione

vs

inclusione 

 

 

 

 

Ozio

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Responsabilizzazione

 

 

 

 

 

Rieducare

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Punire? 

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