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Rieducare o Punire

Page history last edited by danifiorini@tiscali.it 7 years ago

 

 

Istruzioni

CASI   Non me la racconti giusta  Anche se non sono gigli           InGalera           L'isola di Gorgona  Avrei qualcosa da dirti 

TEMATICHE

                         

RIEDUCARE O PUNIRE?

 

 

 

La riforma dell’ordinamento penitenziario introdotta dalla Legge 354/1975 ha consentito il superamento di modelli di legittimazione della pena con alto contenuto afflittivo, punitivo e deterrente in favore di sistemi che puntano alla rieducazione del reo.  Il dettato costituzionale offre una nuova rilevanza ai principi dell’umanizzazione delle pene perché basato sul presupposto che la pena, più che punire il soggetto, deve mirare al suo recupero sociale, onde prevenire la reiterazione dei reati.

 

Il dibattito sulla funzione rieducativa del carcere e sulla natura stessa di tale istituzione, alimenta opinioni contrastanti e divergenti,  chiamando in causa luoghi comuni della vecchia e nuova cultura ma anche principi e concetti fondamentali in cui è ispirata la convivenza in un paese democratico ed impone di riflettere se la dimensione risocializzativa non sia in generale molto lontana dal pensare collettivo, visto la crescente richiesta, o meglio bisogno incontrollato, di pena, di una risposta punitiva purché ci sia e sia immediata.

 

Perché la pena abbia effettivamente una efficacia retributiva e rieducativa occorre proporre e disseminare concezioni di rieducazione non impositiva ed invasiva, in base alle quali gli interventi formativi siano finalizzati ad ascoltare, comprendere, aiutare il detenuto a farsi strada da sé, per stabilire un rapporto di accettazione, di rispetto, di fiducia nelle potenzialità personali, non condizionato dal tipo di scelte comportamentali che il soggetto fa. Un metodo che faciliti al detenuto l’abbandono delle difese, delle paure, pregiudizi e consentirgli di aprirsi ad una proficua accettazione delle opportunità offerte.

 

Gli interventi rieducativi diventano occasioni di reale crescita e emancipazione per il soggetto recluso, aiutandoli a comprendere che occorre rimettere in gioco il proprio vissuto, gli altri e le cose, la propria visione del mondo, perché solo riesaminando la propria esperienza, tirando fuori le caratteristiche positive ed usandole in modo diverso rispetto al passato, che si può dare una svolta alla propria esistenza e attuare un cambiamento per migliorare se stessi.

 

Far riflettere sul ruolo della pena detentiva è stato l’obiettivo del progetto "non me la racconti giusta", che attraverso interventi di street art nelle carceri ha provato a combattere un pregiudizio verso questo tema e lo ha fatto raccontando una parte di quella realtà e stimolando il dibattito in cui tutti sono coinvolti e liberi di intervenire.

 

E’ difficile parlare di rieducazione efficace se non si arriva a una trasformazione narrativa del soggetto. Non può esserci cambiamento se non lo si aiuta a uscire dal carcere con una nuova storia di Sé e con nuove rappresentazioni del mondo. Attraverso la realizzazione del cortometraggio i detenuti hanno potuto sperimentare cosa si prova ad essere qualcun altro, acquistando coscienza di sé in relazione agli altri e svelando raccontandosi: il “fare finta” consente di dire verità altrimenti indicibili e, al tempo stesso, aiuta a prendere le distanze dai sentimenti che si provano.

 

Il ristorante InGalera è il risultato di un ambizioso e innovativo progetto a cui va il merito di aver messo in comunicazione il “fuori e il dentro”, promuovendo un percorso riabilitativo nel tentativo di valorizzare l’aspetto rieducativo della pena e di riscattare coloro che hanno trascorso un periodo della propria vita in carcere. Oltre a favorire l’acquisizione di competenze lavorative utili al loro futuro reinserimento sociale, da a tutti la possibilità di interfacciarsi con la realtà carceraria.

 

Ricordiamoci che i detenuti, oltre che essere colpevoli, restano comunque dei cittadini Il carcere appartiene alla città ed è il luogo dell’errore ma anche il posto delle possibilità di riscatto. Carcere è sofferenza, voglia di ritornare alla libertà lasciandosi alle spalle un mondo che è tenuto ai margini della società ma è fatto soprattutto di persone, di vissuti e storie che non possono restare nell’anonimato. C’è bisogno conoscerle, di rivederle, di rileggerle, di raccogliere quanto possano esprimere, attraverso percorsi di formazione che favoriscano il riscatto delle persone attraverso la libertà e la ricchezza delle parole”.

 

Avrei qualcosa da dirti ha offerto ai detenuti un luogo di ricerca personale, in cui poter riorganizzare la propria esperienza, rivedere gli schemi di vita e individuare un nuovo orientamento da dare alla propria esistenza. Attraverso la scrittura tutti i nodi vengono al pettine, riemergono le contraddizioni, le confusioni, le reticenze ma aiuta a far  chiarezza su di sé e sulle scelte di vita.

 

Gorgona sono gli animali a fungere da educatori che attraverso il loro linguaggio e comportamento, aiutano il detenuto nella comprensione delle leggi universali della natura e a capire meglio i propri errori. L’uomo alleva gli animali e gli animali educano l’uomo. Educare dal latino ex-ducere che significa “trar fuori, allevare”, ed è  così che l’uomo allevando gli animali educa anche se stesso. Gli animali aiutano a educare le emozioni in maniera dolce e naturale e il detenuto che si lascia guidare dagli animali che segue e alleva, viene aiutato a sua volta a portarle fuori le sue emozioni ed evitando che queste si sedimentino nel corpo producendo blocchi.

 

 

 

 


 

Educazione formale

vs

Educazione informale 

 
 
 

Esclusione

vs

inclusione 

 
 
 

Ozio

vs

Responsabilizzazione

 
 
 

Rieducare

o

Punire? 

 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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